venerdì, febbraio 25, 2005

Cosa rende diverso un uomo da una donna?

Un’infinità di cose e proprio li sta il bello dello scoprirsi, cercarsi corteggiarsi, dello scontrarsi e incontrarsi… Una delle differenze fondamentali sta nel modo di comunicare. Sto parlando del Comunicare, non di tutto ciò che esce dalla bocca di un uomo o di una donna… sul quale spesso è meglio sorvolare. A partire dallo stile verbale nell’esporre un qualsiasi argomento, e nei contenuti, un uomo sarà essenziale e conciso, gli abbellimenti saranno preferibilmente a scopo estetico, semplice e diretto, andrà al nodo della questione senza tergiversare. La donna invece ama partire da lontano, fermandosi di tanto in tanto ad ammirare il paesaggio, commentandolo, proseguendo lentamente vuoi perché ora le fa clic clac il tacco della scarpa, vuoi perché proprio li, all’angolo di quel grazioso vicolo c’è un micetto che reclama attenzione… salvo poi incanalarsi nell’interminabile via di vetrine, che si sa ha un potere calamitante! Arrivati al dunque, beh… che c’è di meglio che il girarci attorno e giro dopo giro aspettarsi e pretendere di esser capite? Possiamo essere esasperanti e complicare anche la cosa più semplice per la pace dell’uomo che parte deciso alla risoluzione del problema che… non esiste! L’uomo raramente parla dei sentimenti, delle proprie emozioni. Difficilmente accetta e riconosce il proprio lato vulnerabile ed ancor meno spesso si lascia andare al flusso languido dell’amore. Ha imparato fin da piccolo a mascherare i propri sentimenti: un maschio non piange, un maschio non da soddisfazione all’avversario mostrando di prendersela per un’offesa, un maschio ha il dovere di essere forte e di mostrare il proprio coraggio accettando ogni sfida, anche la più stupida. L’Amore per l’uomo è un mondo spesso inesplorato per affrontare il quale serve togliersi l’armatura, lasciare la spada e il fido destriero bianco con annessi e connessi fuori dalla porta di entrata! Quanto contano i condizionamenti familiari in particolare e sociali in generale, subiti nell’infanzia, nelle relazioni future? Infinitamente, e finché non se ne prende coscienza non si può sperare di sbloccare nessuna situazione insoddisfacente. Si, perché spesso le relazioni col mondo esterno sono insoddisfacenti e ci si ripropongono sempre gli stessi schemi, sempre le stesse situazioni. Il bambino maschio se da un lato viene cresciuto a plasmon e inibizione dei sentimenti, dall’altro viene di solito lasciato libero di esprimere la sua sessualità ed è per questo, credo, che trova più congeniale esprimersi con il corpo. Per la donna le cose stanno esattamente al contrario. Ci è stato permesso piangere e ricevere delle coccole per essere consolate, cosicché abbiamo imparato che per avere dell’affetto bisogna prima star male. Ci è stato permesso di essere deboli e fragili perché nessuno ci ha rimproverato per questo e nessuno ci ha mai imposto di dimostrare la nostra forza, anzi nella nostra fragilità sta spesso il nostro potere seduttivo che stimola nell’uomo un desiderio di protezione, cominciando dal padre. Se impariamo questo cercheremo un compagno protettivo. Ci è stato permesso di esprimere i nostri sentimenti e le nostre debolezze ma non la nostra sessualità. Alle prime curiosità e alle prime domande è stata taciuta malamente una risposta o peggio siamo state aggredite come se avessimo parlato di qualcosa di cui avremmo dovuto vergognarci solo per aver posato la sopra la nostra attenzione! E’ così che noi donne, ancestralmente madri, capaci di un amore incondizionato che l’uomo non può fisiologicamente nemmeno concepire… comunichiamo maggiormente con il cuore e gli uomini con il corpo. Una Donna fa l’amore con un Uomo quando ama, un Uomo si innamora esplorando la Donna attraverso il proprio corpo.

lunedì, febbraio 21, 2005

Porgi l’altra guancia…

Credo che solo quando sei in una condizione di amore puoi comprendere l’Amore. Sono grata a me stessa di esser sempre me stessa, di non essermi lasciata trasformare… spaventare forse, ma non trasformare da quello schiaffo. E’ così che continuo a porgere l’altra guancia e ad incontrare la vita…

venerdì, febbraio 18, 2005

"Amore... ma non lo so dire" di Claudio Baglioni

"Ma non lo so dire...". Già. Era così allora. E' mi accorgo che, malgrado questi lunghi anni di note e parole, è così anche oggi. Ma non credo sia un limite dell'artista. Credo che il limite sia nell'uomo. In ogni uomo. Non contano né l'abilità di cucire insieme testi e musiche che sappiano scendere più o meno in profondità -arte o mestiere che sia- né la platea -sconfinata, modesta o di un unico interlocutore- che abbiamo di fronte.
Conta la categoria con cui ci si confronta, nella solitudine, nella coppia, in famiglia, con gli amici, nella folla. Perché il valore in campo è così alto, che racchiuderlo nella camicia di forza delle parole è quasi impossibile. L'arte -e, quindi, anche la musica- aiuta, ma non risolve.
Si mette tra noi ed il senso ultimo delle cose e concorre a illuminare la strada, ma sta a noi assumere la fatica e i rischi del viaggio. E il percorso dall'anima (dove amore prende forma e noi acquisiamo coscienza di lui), alla mente (dove il pensiero ne elabora l'essenza), alla parola (dove la definizione prende voce) è un percorso, inevitabilmente, imperfetto.
Ad ogni passaggio, infatti, ci allontaniamo dal "cuore" del problema e perdiamo qualcosa nella capacità di coglierne valore, senso e missione. La parola è tutto quello che abbiamo (probabilmente l'invenzione più grande dell'uomo), ma le "grandi" questioni -la vita, la morte, il dolore, l'amore appunto- rivelano tutti i limiti di questa straordinaria invenzione. Forse è per questo che ci spaventa parlare d'amore.
C'è disagio, paura, inadeguatezza, pudore. Probabilmente è la parola più usata. Sicuramente la più abusata. Poche altre, infatti, patiscono così tanto l'erosione dell'inflazione. Dire "ti amo" quando non è così è un delitto. Un delitto inferiore solo a quello che commettiamo quando -pur sentendo di amare- non lo diciamo. Come ogni parola, anche l'amore può essere tutto o nulla. Non dipende da lui.
Dipende da noi. Dalla nostra capacità (o incapacità) di mantenere ciò che quella parola promette. In questo senso, l'uomo (l'umanità, nel suo grande viaggio collettivo, ma anche ciascuno di noi, nel corso del proprio piccolo viaggio personale) procede per tentativi. Per approssimazioni successive. Si avvicina. A volte gli sembra di essere a un passo e, invece, si accorge che manca ancora qualcosa. Manca sempre qualcosa. La distanza si riduce ogni volta un po', ma non si annulla mai del tutto. Probabilmente perché mentre, dentro di sé, l'uomo ha coscienza dell'infinito, tutto, intorno a lui, è finito.
Un conflitto che non abbiamo modo di sanare. Ha, è vero, il grande merito di farci tendere a quell'infinito, ma è anche responsabile della sofferenza che ci deriva dal non riuscire mai a vedere pienamente soddisfatta questa sete. Così, anche nell'amore. Forse per questo lo cerchiamo sempre senza fine e senza macchia, nella coppia, tra genitori-figli, nell'amicizia (secondo alcuni la forma d'amore più alta), nell'amore per gli altri e per la vita.
E, quando finisce o rivela certe impurità, c'è la prendiamo con lui. Errore di prospettiva: confondiamo cause ed effetti. Se non siamo noi il suo strumento, ma pretendiamo che lui diventi il nostro, non possiamo, poi, scaricare su di lui la responsabilità per errori che sono nostri, non suoi. Non è l'amore che delude l'uomo, ma l'uomo che delude lui. Anche perché, mentre lui è sempre all'altezza del suo mandato, la stessa cosa, purtroppo, non si può dire di noi. Non sappiamo da dove arrivi (né, a dire il vero, ce lo chiediamo mai), ma, quando si perde, ci affanniamo a domandarci dove finisca e, soprattutto, perché.
Un perché introvabile, ancora di più di quello del suo apparire. E il vuoto che lascia è sempre più grande di quello che aveva colmato, arrivando. E rimaniamo così, come se non ci restasse altro che accettare l'incomprensibile inevitabilità del suo dissolversi. Mistero, dunque. Mistero trovarlo, mistero viverlo, mistero perderlo. Per questo... "non lo so dire". Ma è certamente l'energia più grande che l'uomo sia in grado di produrre.
L'unica che riesca a fargli fare cose delle quali non si immaginerebbe mai capace. Il miracolo che rende l'uomo capace di miracoli. E, forse, se trovassimo il coraggio di non confinarlo all'atto che origina la vita, se non lo tradissimo, facendone merce di scambio sui mille tavoli della vita, se riuscissimo a guardarlo negli occhi e ad ascoltare quello che ha da dire, e ci decidessimo ad adottarlo come bussola e sestante per la nostra navigazione, ci accorgeremmo che la risposta a molte delle piccole-grandi domande che ci piovono addosso e dalle quali, spesso, ci sentiamo perseguitati, è più vicina di quanto immaginiamo. Come diceva un grande musicista: "Love is the answer". E, spesso, la differenza tra pensarsi, dirsi o essere davvero degni dell'appellativo "uomo" è tutta lì.

giovedì, febbraio 17, 2005

giovedì, febbraio 03, 2005

Otto...

Ricordo ancora quel giorno, come se fosse ieri… si approssimava la data del mio compleanno, era una gelida mattina, quando ancora il profumo della primavera non si è fatto sentire… camminando spedita sotto il peso della cartella piena di libri, a testa bassa per non inciampare ero immersa nei miei pensieri, respirando le nuvole.
Ben presto avrei compiuto otto anni e mi sentivo come davanti ad una bella vetrina ricolma di dolcetti e torte al cioccolato! Ero curiosa di sapere cosa mi avrebbe riservato la vita, calcolavo mentalmente quanti anni ancora dovevano passare prima di prendere le mie decisioni e fissavo al 2000, quando sarei stata davvero una donna… a 28 anni! la data per la resa dei conti, l’anno in cui avrei davvero potuto tracciare un bilancio… chissà che esperienze avrò, che scelte farò, quali mondi esplorerò, se vivrò o mi lascerò vivere… se sarò una donna importante!
chissà dov’è l’altra metà della mia anima e che starà facendo in questo momento? Forse anche lui sta andando a scuola con la cartella sulle spalle e magari starà pensando alle stesse cose? Chissà come sono i suoi occhi…
Penso con nostalgia e tenerezza a quella bambina che aveva in se già tutti i tratti della donna che sono adesso. Curiosa, acuta, vivace, impaziente, estroversa e allo stesso tempo timida e bisognosa di conferme. Ogni vittoria un punto di arrivo che si trasforma subito in un nuovo punto di partenza per un’altra avventura.