Abbi cura di lui, è fragile dentro quella sua lucente armatura. I suoi neri e i suoi bianchi sono solo i cavalieri che proteggono il suo castello di carta. Basta un alito di insicurezza, una brezza d’abbandono per farlo crollare e morire un po’ di più.
Io sono partita, un giorno di maggio e anche se sono tornata sono lontana e continuo a tornare, ma non busso alla porta. Sei tu che mi chiami, ma non posso entrare. E non lo so. E non mi importa niente, davvero. Vorrei solo riuscire a sentire che va tutto bene.
Come posso odiarti anche se mi fai male, se anche tu provi quello stesso amore che io provai, se sei solo tu che hai le chiavi di quella porta e puoi entrare a vedere? Ti lascio il vuoto, che è tanto, che non ho mai saputo riempire, fai del tuo meglio con quel poco che ho dimenticato.
Io devo andare, fuori c’è il sole, ho un altro castello da colorare. Stanze immense piene di fogli bianchi, alcuni rosa, altri blu, appesi al soffitto. E la notte, un giardino con migliaia di stelle, tutte lontane. Respiro l’aria fresca che dà le vertigini e sono felice come un aquilone.
Nessun commento:
Posta un commento