venerdì, novembre 24, 2006

Autunno...

IMGP3655
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bleucerise.
Sto leggendo La ragazza di Bube, di Carlo Cassola. Avevo ormai un ricordo molto vago della trama, dato che lo avevo già letto si, ma probabilmente alle elementari, al più tardi alle medie. Ero una bambina grande, lo sono sempre stata! Matura. La parola onnipresente in tutte le pagelle e valutazioni scolastiche. Suonava bene e ne ero orgogliosa. E tutto sommato anche adesso, sono fiera di quella bambina. Era una tipa tosta che teneva testa agli adulti con acutezza, prontezza e proprietà di linguaggio, tanto che spesso, soprattutto con gli insegnanti instaurava un rapporto di reciproco rispetto e stima. Dovrei imparare qualcosa da quella bambina che nella sua ingenuità pulita non aveva paura di dire ciò che pensava, a qualsiasi prezzo. Poi, quando ha iniziato a pagare, via via… ha iniziato a domandarsi anche se ne valeva la pena e a volte si è risposta di no, e si è fatta gli affari suoi. Che strano, nell’accezione moderna… quella considerata matura sarebbe questa. Peccato per loro che capiti non troppo spesso, che mi risponda di no.
Pensieri a vanvera.
Mentre rientravo a casa ieri sera, ascoltavo il nuovo lavoro di Claudio. Un album di cover di canzoni dal ’58 al ’70. Più le ascolto e più mi piacciono. Non sono sue e si sente, ma è un ottimo interprete (come se ci fosse qualcosa che gli riesce male, a quello lì) e riesco a percepire cosa lo ha emozionato in ognuna di esse. Complice il cielo cupo e umido del tardo pomeriggio di novembre, nel mio animo si sono mescolate le musiche e l’atmosfera cruda del dopo guerra in cui vive Mara, a Monteguidi, nella Val d’Elsa. Era così diverso il modo di vedere e vivere le cose in quegli anni… ho riconosciuto in parte alcuni modi di pensare, di sentire che erano ancora vivi ai tempi della mia infanzia, seppur diluiti nell’entrante imperioso consumismo capitalistico degli anni ottanta.
Com’erano dolci certe piccole cose! Com’era bella l’attesa, la trepidazione. L’assenza, la lentezza.
E mi domando perché. Perché l’uomo ha bisogno di soffrire per godere. Perché il piacere, continuo, costante, crescente, insistente alla lunga anestetizza i recettori delle sensazioni e si sente il bisogno di una forte scossa di dolore per resettarli e poter finalmente ricominciare a sentire.
E mi domando anche che cosa ci riservi il futuro, che cosa andremo a cercarci per ritornare a sentire? Ognuno ha la sua storia e la propria vicenda. Sono d’accordo. Ma esiste una coscienza e un destino collettivo. Non vorrei essere fatalista, ma sono sempre più convinta che una guerra sia alle porte.

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