lunedì, gennaio 02, 2006

Costruire

Non ho mai ritenuto Niccolò Fabi un genio, non è mai stato fra i miei artisti preferiti, ma devo dire che con questo brano mi ha sorpresa e commossa. Gli invidio sinceramente questa poesia, l’avrei voluta scrivere io.

Chiudi gli occhi
immagina una gioia
molto probabilmente penseresti a una partenza
ah si vivesse solo di inizi
di eccitazioni da prima volta
quando tutto ti sorprende e
nulla ti appartiene ancora
penseresti all'odore di un libro nuovo
a quello di vernice fresca
a un regalo da scartare
al giorno prima della festa
al 21 marzo al primo abbraccio
a una matita intera la primavera
alla paura del debutto
al tremore dell'esordio
ma tra la partenza e il traguardo
nel mezzo c'è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è potere e sapere
rinunciare alla perfezione
ma il finale è di certo più teatrale
così di ogni storia ricordi solo
la sua conclusione
così come l'ultimo bicchiere l'ultima visione
un tramonto solitario l'inchino e
poi il sipario
tra l'attesa e il suo compimento
tra il primo tema e il testamento
nel mezzo c'è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è sapere e potere
rinunciare alla perfezione
ti stringo le mani
rimani qui
cadrà la neve
a breve


Vorrei ancora avere l’ingenuità per potermi godere senza pregiudizi e senza l’inibizione dello slancio che la ragione impone ad ogni inizio, ogni prima volta che ancora la vita continua a regalarmi.
Ho notato che molta gente invece vive in modo diverso e forse più terribile le fasi della vita. Nel senso che non le vivono affatto, perché si fermano al gusto inebriante degli inizi, carichi di promesse ed aspettative e non riescono mai ad andare oltre. Per non rischiare delusioni e rifiuti vivono costantemente in bilico fra l’inizio e la fine, senza mai vivere tutto il resto. Senza mai prendere un vero impegno, la responsabilità di un fallimento. Forse è la mia fretta di scendere sul campo di battaglia che mi impedisce di godermi appieno gli inizi… ma li trovo ormai così fasulli e banali. Una tappa obbligata… non si può cominciare dal fondo! Infondo sono milioni i nuovi inizi, ma poche decine quelli veri, perché se non c’è un seguito, sono il principio di nulla, sono pochi e preziosi quelli che davvero ricordi. Se ripenso a quante relazioni, quante amicizie, quante imprese iniziate con entusiasmo si sono arenate ben presto e ben presto mi son sentita stupida per aver dato un po’ di me, prezioso, a qualcosa di sconosciuto e diverso da quel che vedevo o avevo bisogno di vedere.
Ma non sono quelli i momenti che mi fanno desiderare di avere ancora questa capacità. E’ l’odore della vernice nelle case affittate al mare appena ci entravi da bambina, l’odore dei libri di scuola e delle matite nuove. Il profumo dei campi e la sensazione del tempo immobile, quando si giocava assorti, il primo sole della primavera dietro la finestra, il lettone della mamma. La sensazione di meraviglia delle prime frasi che riuscivi a leggere e a coglierne il senso. Il quaderno nuovo. La prima volta che qualcuno ti ascolta e ti segue. L’orgoglio che ti gonfia il petto al primo brava. La curiosità e la paura del primo bacio. La gioia della partenza per le vacanze, la sabbia fredda sui piedi la mattina presto con le orme degli uccellini. L’arcobaleno e le nuvole a forma d’Inghilterra, le pozzanghere variopinte e la prima volta che guardi davvero dentro gli occhi di qualcun altro. Il freddo dell’alba alle partenze per le gite con l’autobus e il pranzo al sacco nella stagnola e la spremuta nella bottiglietta chiusa con il tappino. La prima volta che guardando il cielo stellato di notte hai la sensazione di essere davvero piccola rispetto all’universo. E la gioia di non essere sola. Sentirsi al sicuro. L’illusione che durerà per sempre. Le prime chiavi di casa, le chiavi della tua prima casa.
Ma non baratterei l’ingenuità con il cammino. L’ingenuità con la consapevolezza. Proprio perché le stagioni della vita si susseguono naturalmente. Dopo la primavera, l’estate. Oggi vivo l’estate.
La primavera è il seme con le sue promesse e i suoi progetti. L’estate è lo sviluppo e la messa in pratica di quei progetti. Il fiore apre i suoi petali al Sole. La creazione di nuovi semi e nuove promesse. Le fondamenta del castello sono pronte. Non resta che costruire il castello, con i suoi ponti levatoi e le sue torri.
Costruire.
In alcuni, centralissimi momenti riesco a godermi la sensazione che, comunque vada ogni qualsiasi cosa ho l’illusoria certezza di esserci per me stessa, di essere in grado di cavarmela, di porre rimedio, di essere il luogo sicuro per me stessa.
Ho spaccato il vaso, con coraggio, lo riconosco, ed ho lasciato che le mie radici crescessero nella terra ed ho abbattuto, o almeno credo, il tutore che teneva dritto il mio fusto. Ma non per questo rinuncio ad amare, a dare con generosità sincera e a ricevere con gioia, senza sensi di colpa, ricatti emotivi, schemi sociali. O per lo meno consapevole della loro esistenza e decisa a lavorarci. Lavorare senza isolarsi, senza lasciarsi trasformare.
Al centro di me stessa, quando egocentrismo non significa narcisismo ma coscienza di sé, proiettata in avanti, quando avanti significa movimento e non stagnazione, perché il futuro non esiste. Ho la certezza che non esistono certezze tranne che i propri valori e l’amore di cui siamo intrisi. Ho imparato e vorrei imparare a perdonare l’imperfezione, azione ben diversa e meno facile dall’intransigenza orgogliosa e stupida della prima giovinezza o dalla codarda e passiva cecità che la società ufficiale ti rivende come maturità.
Voglio una casa che sia la culla, il nucleo, la luce, il calore, la protezione e il nutrimento, il riposo e il lavoro, il luogo di partenza e quello di arrivo ma anche di accoglienza. Di verità, di serenità, di lucidità e consapevolezza. Di tanto tanto amore, gioco, contatto, fiducia e rispetto. Di entusiasmo ed ottimismo. Di creatività, di cultura, di esplorazione della vita.

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